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27 July 2024

I numeri dell’Uruguay di Mujica

I numeri dell’Uruguay di Mujica

Il 30 Novembre scorso si è svolto il ballottaggio per l’elezione del nuovo presidente dell’Uruguay e, senza disattendere i pronostici elettorali, il candidato della coalizione di centro-sinistra del Frente Amplio, Tabarè Vazquez, ha ottenuto il 53,6% dei consensi, circa 1.226.105 voti, superando lo sfidante del Partido Nacional, Lacalle Pou, attestatosi al 41,1% , circa 939.074 voti. Alla luce di questi risultati, il 1° Marzo 2015 inizierà ufficialmente il terzo mandato del Frente Amplio e il secondo per l’oncologo Vazquez, il quale ha già ricoperto l’incarico dal 2005 al 2010, precedendo proprio l’attuale presidente uscente Josè “Pepe” Mujica.
Quest’ultimo gode di grande popolarità nel suo paese, come dimostra il fatto che il 65% dei connazionali approva l’operato del suo governo, ma ne riscontra altrettanta all’estero: in Europa e , in particolar modo, in Italia; infatti, il mite “Pepe” può contare su molti sostenitori nella penisola, i quali hanno tessuto le sue lodi in molti modi e in molte occasioni, suggerendo anche di imitare il presidente sudamericano e di prendere in prestito alcune delle sue idee applicandole da noi. Come si spiega questo grande sostegno? In modo molto semplice: “Pepe” ha fatto molte cose buone, peccato che non siano necessariamente quelle sbandierate dai nostrani sostenitori. Ricorderemo tutti il grande spazio mediatico riservato al presidente Mujica non molto tempo fa, ma ricorderemo altrettanto bene tutti che i grandi meriti attribuiti al presidente erano essenzialmente due: la legalizzazione dell’intera filiera della marijuana e l’introduzione dell’aborto nell’ordinamento uruguayano. Questi due provvedimenti, uniti alla quasi commovente umiltà del presidente, hanno reso “Pepe” amatissimo nel nostro paese e hanno legittimato il grande consenso formatosi attorno alla sua figura. La realtà, invece, è un’altra: gli italici sostenitori di Mujica hanno sponsorizzato solo i meriti più discutibili del governo uscente, soprattutto quello della liberalizzazione della cannabis, usandoli per legittimare qualcosa del genere anche nel nostro paese, dimenticando le vere “cose buone” fatte il questi anni e, naturalmente, tralasciando le promesse non mantenute durante il mandato presidenziale.
Al di là dei grandi “meriti” e della grande personalità di questo presidente, l’Uruguay di Mujica è cambiato moltissimo e in meglio sotto molti punti di vista. Nel 2013, l’economia ha registrato un tasso di crescita pari al 4,4%, confermata sempre tra il 3-4% nel 2014; la disoccupazione è stabilmente attestata al livello frizionale del 6,8% e il PIL pro-capite si aggira attorno ai 18.300 dollari: tutto questo vuol dire che l’Uruguay ha raggiunto diversi traguardi economici che hanno determinato un buon miglioramento del livello di vita complessivo dei suoi abitanti, come dimostra il fatto che la povertà estrema sia stata ridotta dal 5% allo 0,5% e che la popolazione che vive sotto la soglia di povertà sia dell’11% mentre dieci anni fa era del 39%.
Ma la lista delle cose veramente positive non si ferma al campo economico: infatti, durante il mandato del presidente Mujica, il paese sudamericano ha intrapreso una importante politica energetica, basata sulle energie rinnovabili, in particolar modo sull’eolico, che permetterà entro il 2016 di coprire il 30% del fabbisogno nazionale e di esportare energia al grande vicino del nord, cioè il Brasile.
Infine, l’Uruguay detiene con il Cile un importante primato: quello di paese meno corrotto del Sud America.
Se quelle elencate poco sopra sono i veri meriti dell’azione del governo uscente, dobbiamo, d’altro canto, sottolineare che molte delle promesse fatte nel 2010 non sono state mantenute nel corso del mandato e questo costituisce il vero punto dolente dell’era Mujica, tralasciato, forse consapevolmente, dai nostrani sostenitori di “Pepe”. A dispetto della crescita e del complessivo miglioramento della vita della popolazione uruguayana, ci sono dati economici e non che possono destare qualche preoccupazione o, al limite, far storcere il naso agli sponsor di casa del presidente. Partendo sempre dallo scenario economico, se è vero che la crescita è stata robusta nel corso degli ultimi anni, parallelamente, è aumentata l’inflazione, passata dal 7% del 2012 all’8,52% del 2014, con la possibilità di balzare al 9,18% entro il Marzo del 2015; se è vero che il PIL è aumentato, è parimenti vero che la ricchezza nel paese non è distribuita in modo equilibrato e la forbice tra ricchi e poveri rimane larga; infine, è interessante notare come l’Uruguay, recentemente, sia stato ribattezzato “Svizzera del Sud America” a causa di una legislazione particolarmente apprezzata dagli investitori esteri, fondata sul più assoluto rispetto del segreto bancario, della protezione degli investitori e dell’assenza di controlli sui movimenti di capitali, che rende questo piccolo paese una sorta di paradiso fiscale di fatto.
Lasciando l’ambito economico, possiamo notare come il tasso di criminalità del paese sia, negli ultimi anni, aumentato, soprattutto all’interno delle fasce di popolazione più giovani, e come la maggior parte dei detenuti stia scontando pene per reati collegati alla droga e al narcotraffico; inoltre, in un paese di circa 3.400.000 abitanti, almeno 200.000 uruguayani fanno uso di marijuana quotidianamente.
Passando ora alle promesse disattese, il mite “Pepe” lascia un buon numero di questioni irrisolte al suo successore Vazquez. In primo luogo, nel 2010 il governo si era impegnato a contenere la pressione fiscale piuttosto elevata nel paese e, non a caso, qualche giorno prima del ballottaggio, Tabarè Vazquez ha assicurato che non aumenterà le tasse; sempre cinque anni fa, gli uruguayani si erano sentiti dire che il governo avrebbe migliorato il sistema scolastico, quello universitario e il settore della ricerca, ma, secondo ricerche condotte a livello pan-sudamericano, gli studenti uruguayani sono i meno preparati, soprattutto nelle materie scientifiche. Infine, Mujica aveva promesso di porre rimedio al problema della sicurezza dei cittadini, ma, come abbiamo già detto, le cose non sembra che siano andate in questo senso.
Sembra potersi affermare che, stante l’indubbia grandezza del personaggio, il mandato del presidente si sia caratterizzato per molte luci e numerose ombre; queste ultime, però, non oscurano i grandi meriti del governo uscente e i grandi passi in avanti fatti dal paese negli ultimi anni. Così, in conclusione, i nostrani sostenitori più che osannare “Pepe” per l’aborto o la marijuana farebbero meglio ad elogiarlo per aver continuato e sospinto il suo paese lungo il cammino della prosperità e aver contribuito a costruire uno Stato che si sta lasciando alle spalle la dittatura e che è, ormai, entrato a pieno titolo nelle democrazie mature e stabili.

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