«Dietro quale bandiera si stia è, in fondo, lo stesso, ma una cosa è certa: l’ultimo grigioverde o l’ultimo Poilu che fece fuoco e caricò nello scontro sulla Marna ha per il mondo un significato più grande di tutti i libri che questi letterati possono accatastare uno sull’altro.»
Ernst Jünger nasce il 29 marzo 1895 a Heidelberg, primo dei sette figli di un farmacista. Da giovane, milita nei Wandervogel, i giovani scout romantici e patriottici. Due anni dopo, appena diciottenne, fugge da casa per arruolarsi nella Légion étrangère in Nord Africa, da cui evade per cercare di raggiungere l’Africa nera. Rimpatriato, nel 1914, affronta anticipatamente l’esame di stato (Abitur), per arruolarsi come volontario al fronte nel 73° Reggimento Fucilieri “Gibraltar”.
Ferito a Les Eparges (aprile 1915), segue un corso da alfiere durante la convalescenza, diventando ufficiale, e passando poi a comandare i reparti d’assalto (Stoßtruppen). Nei due anni successivi combatte nella Battaglia della Somme a Guillemont e Combles (agosto 1916), nella Battaglia di Arras (aprile 1917), nella Terza Battaglia di Ypres (luglio e ottobre 1917), nella Battaglia di Cambrai (novembre 1917) e nell’Offensiva di Primavera (marzo 1918), venendo ferito in tutto quattro volte e decorato con la Croce di Ferro di Prima Classe (gennaio 1917), con il Kronenorden von Hohenzollern (novembre 1917) e infine con la Pour le Mérite, la più alta decorazione prussiana (settembre 1918), concessa solo a una dozzina di ufficiali inferiori (tra cui Rommel e Richthofen). La riceve a soli 23 anni, nonostante il parere contrario di Hindenburg, ed è stato l’ultimo sopravvissuto tra i portatori.
Nel frattempo, a partire dalla pubblicazione del romanzo autobiografico Nelle tempeste d’acciaio (1920), e di altre opere (La lotta come esperienza interiore, Il tenente Sturm, Boschetto 125, Fuoco e sangue, Il cuore avventuroso), basate sulle sue esperienze al fronte, diventa un protagonista dell’ala nazional-rivoluzionaria della Rivoluzione Conservatrice. Diviene così amico intimo di grandi figure intellettuali quali il filosofo Martin Heidegger, il giurista Carl Schmitt, il nazionalbolscevico Ernst Niekisch e lo scrittore Ernst von Solomon.
Coerentemente alle sue posizioni, mantiene le distanze dal Reich hitleriano, il cui stile volgare e demagogico gli ripugna e i cui progetti grandiosi lo lasciano scettico. Anche se la sua casa fu perquisita dalla Gestapo e l’uscita dei suoi libri taciuta dalla stampa, per ordine del Führer in persona, che ne ammira le opere letterarie, non gli è torto un capello, neanche dopo la pubblicazione del romanzo criptostorico Sulle scogliere di marmo, da molti considerata una critica allegorica al regime.
Nell’agosto 1939, è richiamato alle armi col grado di capitano, comandando dapprima una postazione della Linea Sigfrido, poi partecipando all’avanzata in Francia. Dal 1940 al 1944, è di stanza alla guarnigione di Parigi, come membro dello stato maggiore del comandante la piazza, il generale Stülpnagel. Oltre al lavoro d’ufficio e alle escursioni entomologiche, frequenta i salotti artistici e intellettuali di Parigi, conoscendo, tra gli altri, Céline e Picasso. Inoltre continua a essere una figura importante negli ambienti dell’opposizione militare al regime. Perciò, dopo l’attentato del 20 luglio, non risultando prove a suo carico, e viene dimesso dall’esercito con disonore.
Nello stesso anno, il suo primogenito, Ernst, cadetto della Kriegsmarine, cade in battaglia presso Carrara, dove era in forze ad un battaglione di disciplina, stante la sua punizione per attività sovversiva. Nel 1945, è riarruolato come comandante della locale compagnia del Volksturm, ruolo in cui si adopera per limitare le distruzioni e le vittime presso i civili. Dopo la guerra, rifiuta di compilare il formulario per la denazificazione, e inizialmente gli è proibito di pubblicare. Per questo motivo, si sposta a Ravensburg, sul Bodensee, nella zona d’occupazione francese.
Nel 1950, si trasferisce stabilmente nel villaggio di Wilflingen, in Alta Svevia, dove prende dimora nella foresteria del maniero dei Conti von Stauffenberg. Qui vive fino alla morte, continuando però a viaggiare in tutto il mondo e a dedicarsi alle sue passioni: dalla letteratura all’entomologia. Dialoga di filosofia con Schmitt e Heidegger, si occupa di esoterismo insieme ad Eliade, sperimenta l’acido lisergico con Albert Hoffmann, raggiunge l’Indonesia per rivedere la Cometa di Halley.
Il suo valore come filosofo e scrittore è presto riconosciuto anche dalla nuova Repubblica Federale Tedesca, che lo riabilita e decora. Nel 1984, in occasione del 70° anniversario della Prima Guerra Mondiale, parla al memoriale di Verdun, insieme con il cancelliere tedesco Helmut Köhl e il presidente francese socialista François Mitterrand, entrambi suoi ammiratori. Alla verde età di 101 anni si converte infine al cattolicesimo. Muore il 17 febbraio 1998 ed è sepolto nel piccolo cimitero locale, insieme ai figli e alle mogli.
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