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19 April 2024

“Signore e signori, buonanotte!”

“Signore e signori, buonanotte!”

Per una buffa coincidenza, la tanto discussa, folkloristica e giustamente vituperata apparizione televisiva dei parenti di Vittorio Casamonica nel salotto di Bruno Vespa ha coinciso per me con la visione di un film satirico degli anni ’70, da cui il mio breve articolo trae il suo titolo.

Per questa ragione le righe che seguiranno non cercheranno di riassumere la peraltro ben nota vicenda dei funerali, definiti “principeschi” ma più simili a una sagra di paese, né di analizzare le responsabilità del sindaco, del questore o del parroco – che peraltro ha commentato, non senza uno sprazzo di ‘sense of humour': “Se era un criminale tanto pericoloso potevano arrestarlo da vivo. Dovevo forse arrestarlo io, da morto?”.
Queste righe si propongono invece di fare alcune rapide osservazioni sulla società moderna attraverso un parallelismo con gli episodi del telegiornale satirico condotto dallo speaker Paolo T. Fiume, interpretato magistralmente da Marcello Mastroianni (un predecessore del Mentana comico di Maurizio Crozza, nomen omen?).

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Mastroianni con Monica Guerritore nel ruolo dell’assistente del conduttore.

L’episodio che ha attirato dapprima la mia attenzione è quello degli onorevoli Lo Bove. Nel film lo speaker cerca di intervistare quattro politici napoletani che, curiosamente, hanno tutti lo stesso cognome ma negano recisamente di essere parenti e perfino di conoscersi. Ogni tentativo di porre loro delle domande sarà però vano, dal momento che lo speaker sarà continuamente interrotto dalle missive degli spettatori, infarcite di insulti – quelli sì che si evolvono nel tempo! – nei confronti dei politici, che peraltro considereranno folcloristico e colorito essere definiti “fetentoni” e “teste di ***”, e finiranno per mangiarsi a quattro palmenti, in senso proprio e figurato, (il plastico del)la città di Napoli. Non serve certo un’arguzia particolare per notare il collegamento con le tante mafie che infestano il nostro paese, di cui quella dei Casamonica non sembra nemmeno la più minacciosa e moderna, come ha sottolineato, tra gli altri, Vittorio Sgarbi.

Il primo spezzone del film, dopo una bizzarra lezione di inglese un po’ osé (anche questo parametro possiamo confermare che si evolve!), ci rappresenta il surreale omicidio di un dignitario nero di fronte a un’ambasciata, perpetrato da un agente della CIA che finge nel frattempo di visitare la stanza di un modesto stabile della zona. La visita però è guidata dall’insegnante di inglese che si rivela anch’ella un’agente segreto della DIA, che elimina il collega che ormai sa troppe cose, ricordandoci che la violenza è “una lingua per tutti”. E come non ricordare, giusto per citare qualche esempio, l’omicidio di J.F. Kennedy, l’attentato alle Torri Gemelle, le extraordinary renditions perpetrate dalla CIA anche negli ultimi vent’anni?

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Paolo Villaggio imita Carl Schmitt, ma solo nel nome e nell’aspetto.

Ancora sulla violenza è, in un certo senso, incentrato l’episodio “La bomba”, che raffigura un presunto attentato a una caserma della polizia, a cui segue la scoperta che la tanto temuta bomba è in realtà la sveglia di un’anziana signora. I vertici della polizia però non vogliono assolutamente ammettere il proprio ridicolo errore, perché gli eventi della giornata stanno mutando in positivo il parere dell’opinione pubblica sull’operato delle forze dell’ordine. Di conseguenza si procurano un ordigno vero, ma saltano in aria nel tentativo di installarlo nella caserma. Certamente l’episodio si riferisce alle numerose stragi di (più o meno presunta o dimostrata) matrice terroristica, rossa e nera, degli anni di piombo, ma come non andare con la mente alla sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo sui recenti fatti della scuola Diaz, in cui gli agenti avevano nascosto armi e materiale esplosivo per giustificare a posteriori il proprio intervento violento? E come non ripensare con orrore alla ratio che la Corte Europea sembra aver rinvenuto in questi comportamenti, proprio quella di invertire la tendenza, trasmettendo un’immagine efficiente e forte, di forze dell’ordine con il pugno di ferro?

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Gli eventi della scuola Diaz.

E che dire del ‘disgraziometro’ ? L’episodio mostra una trasmissione televisiva in stile Mike Bongiorno, in cui trionfa il concorrente che racconta con maggior dovizia di particolari le proprie sfortune e sofferenze esistenziali. Difficile, anche qui, non trovare delle somiglianze con la televisione trash di “Chi l’ha visto?”, Barbara D’Urso et similia. La realtà ha superato di gran lunga la fantasia e la parodia.
Altri due episodi, “Il personaggio del giorno” e “Il salone delle cariatidi” tratteggiano l’uno, significativamente sottotitolato “Poco per vivere, troppo per morire”, la vita di stenti di un pensionato “normale”, interpretato da uno splendido Ugo Tognazzi, l’altro “l’orgia del potere” degli altrettanto anziani vertici dello stato e della Chiesa alla fantomatica “inaugurazione dell’anno pregiudiziario”.

E se già è una conclusione inquietante da trarre, e non solo per i fautori delle “magnifiche sorti e progressive”, quella per cui la società di oggi sarebbe quasi perfettamente sovrapponibile a quella di quarant’anni fa, a questa conclusione inquietante si accompagna l’impressione che le recenti riforme della scuola, a cui ha fatto cenno (seppur en passant) Eugenio nel suo articolo su Gentile, debbano mirare ancora più in basso di quanto non sembri, per adeguarsi al “servizio pubblico” offerto dalla RAI e al suo target!

Vera e Vittorino Casamonica a 'Porta a Porta'

Un fotogramma della discussa puntata di ‘Porta a Porta’

Forse, più che Leopardi, aveva ragione Spengler quando riteneva incombente il “Tramonto dell’occidente”, e chissà che lo stesso titolo del film che mi ha ispirato non sia, in qualche modo, la previsione (o l’auspicio, seppur in tono semiserio) di una simile conclusione?

One comment

  • Eugenio Runco

    Grazie Camilla per la citazione en passant.
    Mi permetto di aggiungere solo una cosa: Avendone viste di cotte e di crude, sullo schermo e soprattutto fuori, mi sembra che il senso del film sia racchiuso nel titolo. E’ come “Soldati” di Ungaretti. Ma è più di una constatazione, è quasi un consiglio: la realtà è un frenetico sovrapporsi di scenette grottesche e paradossali, di fronte al quale l’unica cosa intelligente da dire è “Signore e signori, buonanotte!”

    E ancora, forse è anche a questo che serve un film a episodi, il successivo, dovrà viverlo ogni spettatore uscendo dalla sala.

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