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29 March 2024

Inferno, attualità e paradiso attraverso gli occhi dell’Idiota. Giovanni Truppi – Giovanni Truppi (Woodworm, 2015)

Inferno, attualità e paradiso attraverso gli occhi dell’Idiota. Giovanni Truppi – Giovanni Truppi (Woodworm, 2015)

Forse il biglietto da visita non è dei migliori. Almeno in relazione ai più raffinati predecessori di questo disco. Un forte accento partenopeo, il cui effetto Checco Zalone (che pure partenopeo non è) potrebbe depistare subito anche i più cauti, blatera su melodie naive, arrangiate in modo casareccio ed insieme quasi modaiolo, spesso travestite da anonimi garage-rock. Bastano pochi secondi però per capire che qui si vola a giri alti. Il blatericcio e il crooning a-tecnico del sud diventa rifiuto della normalizzazione vocale dell’indie italiano(-)medio; le melodie naif, che non sempre sono così naif ed a volte indugiano su tempi sghembi e asimmetrici, si mutano in una disarmante deposizione delle difese e del contegno di artista; i suoni anonimi si giustificano nel momento in cui dimostrano che il disco ha qualcosa di molto più importante che il semplice godimento estetico.

Truppi è uno che lavora con le parole e sa toccare a volte vette di sgangherata poesia. Come tutti i grandi folletti della parola accosta l’alto e il basso (contenutisticamente e formalmente) lasciandoli giocare nel più stridente contrasto che, più che a creare un effetto comico, mirano ad esprimere qualcosa che altrimenti sarebbe difficile da dire. La giustapposizione nei testi di ovvietà e riflessioni fa sì che le seconde illuminino il pieno diritto e la verità delle prime, e le prime riportino sulla terra le seconde. Nella strampalata idea di scrivere una Lettera a Papa Francesco I si mescolano in modo sublime il kitsch, la discussione da bar e pensieri filosofici. Così Truppi discute alla buona con il Papa sudamericano e nella variata gamma di toni si passa dal “sono successe troppe cose brutte … lo vedi come abbiamo combinato il pianeta, conta solo il potere, contano solo i soldi, non c’è amicizia non c’è grandezza e non c’è amore” al ” “certe volte bisogna fare delle cose impossibili, perché abbiamo visto dove ci hanno portato quelle possibili”, fino alla sua personale soteriologia “la salvezza non arriverà dalla politica dall’economia o dalla tecnica, la salvezza non arriverà dalle forze maschili e razionali ma dalle forze femminili e spirituali”. Alla fine il Papa viene incalzato con un quasi spazientito: “Francesco, ma veramente non ci hai pensato mai? Quando sei a letto come tutti gli altri, in pigiama, in mutande e sbadigli”. In Superman Truppi sogna di fare l’amore con il noto supereroe “grande e forte”, ma questa idea malsana partorita da chissà quale angolo dislocato della sua mente diventa subito il pretesto per evadere, con estrema delicatezza e ironia, da un rapporto troppo poco stimolante. Stessa delicatezza che attraversa la sgangherata filastrocca infantile de Il pilota è vivo, che, senza mai cadere nella retorica della pietà, riesce ad affrontare un tema come quello di un pilota che rimane disabile in seguito ad un incidente con toni assolutamente prosaici e quasi giocosi:

Volevo dirti che ho visto il pilota. Il pilota è vivo! Anche se devo dire che cammina male. Cammina male però fa buon viso a cattivo gioco, perché lui è il pilota e lo sapeva dall’inizio che o fai buon viso a cattivo gioco o fai cattivo viso a cattivo gioco, e lui ha scelto.

Chiunque riconoscerebbe poi nella logorrea della Conversazione con Marco sui destini dell’umanità quella di sterminate conversazioni da birra con gli amici, in cui non ci vuole niente a scivolare insensibilmente dai rotoli di Qumran a quelli di carta igienica. Ma quella di Truppi è tutt’altro che una mera conversazione privata o autocompiaciuta. Non si può non rimanere sorpresi dalla quantità di idee sicuramente strampalate, ma assolutamente trasversali che sciorina in meno di tre minuti. E, per quanto possa apparire incredibile, c’è un leit-motiv che le attraversa: quello (pasoliniano) della nuova schiavitù che si manifesta negli imperativi del godimento, della “libertà individuale”, del benessere e persino dell’uguaglianza. Il sermone politico di Truppi, mi raccomando ci tiene, non è complottistico, ma mira ad individuare un accomodamento spontaneo di sistema, “un po’ come Matrix ma senza le macchine, con le idee”. Truppi ha il sospetto che le donne emancipate siano state “fottute due volte”, perché non è possibile che dopo duemila anni di schiavitù femminile la società abbia già assorbito il colpo della “cosa più sconvolgente che è successa da un centinaio d’anni a questa parte”, cioè la “rivoluzione del rapporto tra gli uomini e le donne”. Con un taglio sghembo tra idee che solitamente consideriamo di destra e di sinistra, Truppi si domanda:

Non è che la famiglia ti consuma di meno e ti conserva di più? Non è che un esercito di uomini e donne soli, giovani fino a quarant’anni fa girare più soldi, paga più affitti, si compra più telefonini? E non è che uno deve difendere per forza la famiglia, però non è nemmeno che la famiglia la devono difendere solo i bacchettoni.

Truppi sembra incarnare alla perfezione il topos del folle che dice la verità. O forse ancor più i tratti dell’Idiota dostoevskiano. Ma la sua verità è spesso come ammalata, incompiuta, monca. A volte così tanto da assumere i contorni dell’allucinazione, da suggerire un ulteriorità di senso che si può cogliere solo con gli occhi della febbre o con quelli di un bambino che “sembra un matto … perso tra forme colori e suoni”. Eppure lo schizzo autobiografico che egli ci offre in Tutto l’universo ci offre uno scorcio su di una vita del tutto ordinaria, lineare, fresca. Ma la follia di Truppi non sta nel delirare forsennato di un poeta maledetto, ma nel saper cogliere con sguardo puro le cose più elementari della nostra esistenza. E’ solo sotto questo sguardo che papà e mamma (quelli reali, proprio quelli di Truppi!) diventano rispettivamente Dio e la terra.

Di Dio questo disco è pieno. Ma il vero e proprio trattato di teologia, niente di meno che sulla caduta dell’uomo, arriva con la conclusiva Eva. Certo una teologia scritta come solo Truppi poteva fare, e di cui la copertina del disco, che raffigura una cacciata dall’Eden decisamente sui generis, ci offre un’efficace anticipazione. Su struggenti note di piano, egli ci presenta il suo Eden: “Adamo te lo ricordi quando quasi non dormivamo, e la mattina ci svegliavamo senza le caccole negli occhi e i tuoi occhi erano aperti e belli”. Dietro lo smodato amore per il dettaglio turpe Truppi cela una profonda conoscenza della natura del peccato dell’uomo, conoscenza che unita ad un linguaggio infantile e ad una forte vena ironica che fanno da contrasto muove quasi alla commozione.

Dio ci ha puniti proprio tanto, ti vedo sempre stanco, e la mattina negli occhi c’hai delle caccole enormi. Io lo capisco e lo posso anche sopportare. Quello che mi dispiace è che mi sembra che ti piace.

Tuttavia non si scade mai nel cinismo autocompiaciuto, e il ricordo della dignità edenica accende la speranza nel futuro sin da ora, nel pieno, ma disilluso godimento del presente.

Ma tu non ti dimenticare del paradiso che ci faceva sognare senza sognare, ché tu sei tutto quello che del paradiso mi rimane qui.

Sembra una persona serena il nostro Giovanni. Di una serenità tragica che sa fino in fondo dell’incompiutezza dell’uomo. Tuttavia di una serenità così matura che può godere senza vergogna dell’infanzia che ci accompagna segretamente nel nostro quotidiano giocare a fare gli adulti. E, non appena lo si perde un attimo di vista, lo si ritrova a regalarsi e a regalarci perle auto-motivazionali, che condensano in un cristallo matto ingenuità, lucidità, voglia di vivere e di lottare.

E non fare che se t’innamori smetti di esercitarti, e non è vero che le abitudini di una famiglia ci mettono tre generazioni a cambiare, però la tua natura è la tua natura, e nella tua natura c’è il tuo destino, e sono cose che devi accettare, anche se questo non vuol dire che non devi imparare a finire quello che cominci, perché gli ultimi metri di corsa sono i più difficili, e la pipì si sente di più proprio quando stai arrivando nel bagno.

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