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19 April 2024

Tifo, passione e solidarietà: conversazione con Sergio Crocco

Tifo, passione e solidarietà: conversazione con Sergio Crocco

Cristo si è fermato ad Eboli continua il suo viaggio nel mondo del calcio calabrese e propone un’intervista a Sergio Crocco, simbolo della “Cosenza bella”. Storico personaggio del tifo rossoblu, esempio di impegno nel sociale ed in attività umanitarie, è fondatore de “La Terra di Piero”, associazione di volontariato che opera in Italia ed in Africa, nata sulla spinta dell’esempio di Piero Romeo, altra grande figura del tifo cosentino, scomparso nel 2011. Sempre a fini benefici ha recentemente portato in scena, con grande successo, la commedia Conzativicci [Preparatevi NdR]: una rivincita letteraria dei luoghi e dei personaggi derisi e dimenticati dalla sua città.Vi invitiamo a visitare il sito dell’associazione http://africa.laterradipiero.it/ per avere ulteriori notizie sulla loro lodevoli iniziative.
D: Sergio, raccontaci l’esperienza di Conzativicci.
R: Conzativicci è stato un successo assolutamente inaspettato, ma non lo dico per falsa modestia, ma perché effettivamente è stato così :avevamo programmato solo due date (21 e 28 dicembre), invece siamo stati benevolmente “costretti” a fare 19 repliche, e ancora non sappiamo come andrà a finire perché abbiamo intenzione di replicare a Perugia, Bologna ed in Canada, e questa è un po’ l’avventura che mi intriga di più. È stata una storia bellissima, un piccolo delirio collettivo da parte di tutta la città che ha fatto enormemente piacere sia a me che ne sono l’autore sia a tutti gli altri ragazzi che hanno partecipato, perché ci sono state prove al freddo, in condizioni igieniche non ottimali, ma l’abbiamo fatto con grande cuore perché il nostro fine ultimo sono i progetti della terra di Piero.
D: La Terra di Piero: com’è nata?
R: La Terra di Piero nasce purtroppo da un evento tragico, cioè la morte di Piero Romeo: lo stesso giorno ho pensato di costituire un’associazione che avrebbe ricordato Piero ma non con una via o con meri ricordi, ma dando continuità alla sua opera, ovvero l’aiuto alle fasce più deboli della popolazione, sia cosentina che africana: abbiamo iniziato con un pozzo nella Repubblica Centrafricana, poi due asili sempre nella stessa nazione, ci siamo dovuti fermare e ci siamo concentrati sia sul Progetto del Parco Piero Romeo per bambini disabili che sul Madagascar.
D: A proposito di questi due ultimi progetti?
R: Per quanto riguarda il Parco abbiamo risolto tutti i problemi burocratici e non è stato facile, perché è una giungla, abbiamo dovuto essere come si dice a Cosenza “zicche” (assillanti NdR) ma alla fine ce l’abbiamo fatta: la gara per spianare tutta la zona dove sarà collocato il parco sarà il 16 Dicembre per cui noi crediamo che per Febbraio dovrebbero iniziare i lavori veri e propri. In Madagascar invece, con grande lavoro e sacrificio siamo riusciti ad aprire una scuola adesso frequentata da 64 bambini, contiamo di arrivare ad 80 e fermarci perché la struttura non reggerebbe; è situata in una favela alle porte di Antananarivo che è la Capitale dello Stato africano: questi bambini già stanno studiando ad hoc con il materiale didattico che abbiamo portato da Cosenza e mangiano due o tre volte la settimana. Contiamo di farli mangiare tutti i giorni; dopodiché vorremmo aprire una scuola di cucito per le ragazze, non ci vuole moltissimo a livello economico ma non sarà neanche facile perché lì manca tutto, dall’elettricità all’acqua corrente.
D: Quanto è accaduto recentemente in Spagna tra i fascisti del Fruente Atletico ed i comunisti del Depor è stato riportato come un banale scontro tra tifosi, peccato che sia costato la vita ad un tifoso del Deportivo…
R: Io per mia scelta non credo a nulla di ciò che dicono i media italiani, so benissimo come trattano e confezionano le notizie. Dall’altro lato però non conosco bene la situazione spagnola, so le fazioni ma non tutto il resto, posso però dire che non solo quelli del Frente Atletico ma i fascisti di per sé non sono nuovi a questo tipo di situazioni; li conosciamo bene: la stampa italiana è quella che è da sempre, ci superano anche il Burundi e forse anche il Madagascar [ride, ndr].
D: La tua esperienza in Curva…
R: Sono entrato in Curva quando avevo 12 anni, nel ’78, arrivavo dal Primo Lotto di Via Popilia, seguivo i più grandi che in realtà avevano 15/16 anni, sono entrato lì per la passione sfrenata che mi ha trasmesso papà per il Cosenza e lì ho trovato il 90% delle mie amicizie, il restante 10% sul fronte politico, cosa che molte volte vi si incastrava. In Curva ho passato 33 anni della mia vita, non rinnego neanche il momento in cui ne sono uscito, perché è una cosa che fa parte del gioco. Ora la mia Curva è il Settore Disabili dello Stadio San Vito, credo sia il posto più umano di tutta la città, non solo dello Stadio. La Curva è stata mia sorella, mia madre, mia moglie, figurarsi che le due donne che ho sposato le ho conosciute lì e già questo dovrebbe far capire cosa provo per la Curva; anche adesso che non la frequento sarà un amore incondizionato che mi porterò fino alla tomba.
D: Mentalità Ultras: cos’è?
R: La parola mentalità associata agli Ultras è una bestemmia, perché è stato un modo per molta gente di fare soldi con le Curve; amo invece la parola rispetto: rispetto per i propri compagni, per la propria squadra del cuore, anche per la squadra avversaria. Se si riuscisse davvero a bypassare questo termine sarebbero inglobate tutte le altre parole, compresa la mentalità intesa in senso buono: se riuscissimo a rispettare noi stessi e gli altri riusciremo a migliorare la situazione; non dico ad uscirne, perché a mio parere, purtroppo, con le restrizioni presenti i movimenti Ultras rischiano di avere vita breve: non è pensabile andare in trasferta e prendere un Daspo per un coro contro la Polizia, ma intanto qui sta succedendo.
D: Cos’è la “Cosenza bella” della quale parli sempre?
R: Dico sempre che ci sono due Cosenza: una che trama nelle stanze del potere, e lo fa per fare arrestare Padre Fedele, Claudio Dionesalvi o i ragazzi dei NoGlobal; e una gran bella Cosenza, quella che viene ai nostri spettacoli ma non solo, anche i ragazzi dei Centri Sociali e tutti quelli che si adoperano per costruire ogni giorno una città migliore. La Cosenza dei salotti regionali? Non la commento, sarei non dico blasfemo ma scostumato, ma so già che sono persone di potere che penseranno al loro orticello e di noi se ne strafregheranno.

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